C'è molta gente che pensa che Enzo Biagi sia un vecchio rincoglionito.
Forse è vero. Forse non ha senso scrivere e pubblicare un libro che condensi almeno una trentina di fatti epocali in poco più di duecento pagine. Forse non ha senso dissertare della propria vita, della vita della Nazione, dell'esistenza del mondo come se tutto ruotasse intorno al proprio smisurato ego. Biagi lo fa, e sembra che se ne diverta. «Alla mia età, leggere diventa sempre più difficoltoso»: non gli resta che scrivere.
Ma quando Biagi parla di cent'anni di follia umana, di un secolo di delitti, dalla Grande Guerra a Berlusconi, passando per il terrorismo e le tante battaglie silenziose del nostro tempo, con uno stile unico... beh, non si può certo restare indifferenti e rimanere ancorati ad un giudizio superficiale e personalistico.
Biagi evidentemente si può permettere di vagare nei propri ricordi a mano libera, senza uno schema, lamentandosi del silenzio impostogli in tv e ammettendo, solo a malincuore, che dopo tanto rumore anche starsene in panchina non è poi così male, alla sua età.
L'unico pensiero che rimane in testa, è quello di un'occasione sprecata: se Biagi avesse avuto il suo spazio su Raiuno con "Il Fatto" che tanto amava avremmo assistito a perle assolute di giornalismo "in diretta", invece di doverle leggere ad alcuni mesi di distanza su un lavoro pieno di lamentazioni, con uno schema logico che si perde pagina dopo pagina.
Un vero grande peccato
Enzo Biagi e Loris Mazzetti
Quello che non si doveva dire
Rizzoli, Milano, 2006
Euro 18,00
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