lunedì 26 luglio 2004

L'Alpe d'Huez - 21/07/2004

Scena 1: Affannosa corsa verso Grenoble
Accumulando ritardi su ritardi, i nostri eroi tentano di giungere in tempo alla mèta. Panini dispersi, Polizia in autostrada a dettare un ritmo degno di un gruppo che non segue quella che diventerà una fuga bidone, automobilisti imbranati e camion che rallentano la corsa fanno accrescere a dismisura l’attesa per il Tour.
Finalmente, dopo il Colle del Piccolo San Bernardo, una “Nationale” francese è decisamente più scorrevole della strada che si inerpica e poi ridiscende dal colle, e la successiva autostrada sarà una gioia per i pochi cavalli addormentati della mia Punto. Dopo una salassata autostradale (7 Euro per una settantina di chilometri, da noi ci lamentiamo di pagare caro quando arriviamo a 2 Euro... Ah, l’Italie!!), finalmente arriviamo nella ridente città dell’Isère.

Scena 2: Incontro con il marziano
Lasciata l’auto, proseguiremo con una navetta. Sempre se la troveremo. Sono le 11:15, l’ultima sarebbe dovuta partire un quarto d’ora prima… Evidentemente non siamo gli unici ritardatari. Fatto il biglietto, conosciuto il cagnone che ci avrebbe allietato il viaggio con il suo simpaticissimo fetore, ecco la seconda lieta sorpresa (dopo la navetta per ritardatari) della giornata: un drappello di ciclisti ci passa accanto, ma non sono comuni pedalatori. Lance Armstrong in persona, con il fido José Azevedo, tira un gruppetto di cicloturisti al gancio, seguito dall’ammiraglia US Postal Service. Azz… Un breve riscaldamento in scioltezza a 50 chilometri dalla partenza: il marziano non lascia proprio nulla al caso.

Scena 3: Le Bourg d’Oisan
L’eterno viaggio in pullman lungo la valle dell’Oisan si trasforma in una trasferta in terra teutonica: tra molti francesi e qualche italiano, a farla da padrone sono quattro tedeschi, che tengono banco in un florilegio di decibel non smettendo per un secondo di parlare… E Duff riesce quasi ad addormentarsi: stupefacente.
Arriviamo a Le Bourg d’Oisan dopo un’eternità, così ci perdiamo la strepitosa carovana pubblicitaria; poco male, considerando che la nostra è una sfida a rincorrere. Subito un’ammiraglia T-Mobile tenta di tirarci sotto per portare Santiago “Botolino” Botero e Rolf Aldag in zona rulli. Poco più lontano, danno le ultime pedalate e perdono le ultime gocce di sudore Danilo Hondo e Uwe Peschel. Non immaginiamo cosa sia in casa RAGT Sémences, una specie di cronometro a squadre sui rulli: la squadra francese, cenerentola del gruppo, occupa gli ultimi posti in classifica e il riscaldamento intorno al loro pullman deve essere frenetico. Anche in zona Saeco e in zona FDJeux.com sono parecchi a frullare. Jajà si aggira nella zona della partenza, a fare da padrone di casa.

Scena 4: La montée de l’Alpe
Il primo tratto, pianeggiante, esce da Bourg d’Oisan e addirittura scende, dopo un ponte. Michele Scarponi si ferma per una foto con due giovani fans francesi. Pozzato, Flecha e Tosatto provano le prime rampe della cronometro. La folla è abbondante, ma non compatta e impenetrabile come avrei immaginato. C’è un posto anche per noi ritardatari. Così, dopo aver lasciato anche noi un po’ di sudore sulla strada, decidiamo di fermarci poco prima del primo tornante, dove la strada spiana dopo il tratto più duro. Siamo appena in tempo.

Scena 5: La gara
Nelle nostre due esperienze precedenti tra il pubblico della Grande Boucle, aveva sempre vinto il corridore che per primo ci era passato davanti. Nel 2002 Boogerd a La Plagne, lo scorso anno Virenque sul Col de la Ramaz per arrivare in giallo a Morzine. Ma questa volta, la sorte non sarà la stessa per il povero Sébastein Joly. Sarà invece l’ultimo partito a vincere. Lo si poteva capire solo vedendolo.
I francesi fanno un tifo sfegatato per gli atleti di casa, spingendoli letteralmente con un “Op-op-op” costante dalla partenza all’arrivo. Per gli altri, sono solo applausi. Alcuni ciclisti, oggi senza casco per la gara completamente in salita, hanno evidentemente passato più tempo davanti allo specchio che sui rulli per scaldarsi: sfoggiano pettinature degne di rock star impomatate (o, come dirà Duff, degne del cantante degli Ark). Perlomeno sono facilmente riconoscibili.
Per il pubblico la cronoscalata è l’ideale: si sa chi arriva, si sa come tifarlo, si può stimare il ritmo che ognuno tiene. Il mito tra questo pubblico è un anzianotto, completamente vestito US Postal e con bici Trek, che conosce ogni singolo ciclista, cita i vari successi. E i vicini ne sono entusiasti. La tristezza sale, ripensando a chi in Italia si sta mandando in pappa il cervello con il Bulba...
Un boato accompagna Moncoutié, che farà una grande prestazione. Virenque, idolo dei transalpini, è pimpante sui pedali, ma è il suo normale atteggiamento per affrontare la salita, non farà granché. Simoni non va. Non ci capacitiamo di come possa dire di non sentire la corsa.
Caucchioli è una specie di dannazione per il pubblico francese: diventa “Chiocchiolì”, “Causciolì”, “Sciosciolì”, e chi più ne ha più ne metta.

Scena 6: I mostri
Ecco Voeckler, campione francese e maglia gialla per 10 giorni. La sua maglia bianca di miglior giovane evidenzia un po’ di pancetta (una rarità tra questi 157 atleti tirati a lucido e quasi impressionati), e infatti la sua cronoscalata sarà tutto tranne un successo. Il vecchio Totschnig è sempre efficace, Azevedo è una sorpresa.
Ullrich è impressionante: sempre con le mani sulle prolunghe, sinora l’unico ad averle montate. Esce dal tratto più duro della salita in posizione, esprimendo una potenza fuori dal comune. Mancebo è in evidente calo, sale con la testa storta.
Basso è partito decisamente forte, ma le prolunghe sulla sua bici paiono fuori luogo: Ullrich in confronto sembrava un carro armato, e per il breve tratto pianeggiante possono essere servite a poco. Ma il vecchino francese dice, cronometro alla mano, che l’italiano ha lo stesso tempo di Ullrich.
È Armstrong il vero spettacolo: sempre agile, l’espressione distesa: certo non quella di uno che ha subito minacce, come poi Leblanc dirà. Dopo la gara si lamenterà anche di qualche persona nel pubblico che aveva bevuto troppo. Per una volta non abbiamo colpe…

Scena 7: Il fiume di folla
Sarà che il padrone se ne è lamentato, ma personalmente la gran folla dell’Alpe è parsa persino ben educata, nonostante la scarsità – rispetto ad altre salite – di Gendarmi. Pochi che correvano accanto ai corridori. La correttezza di chi conosce il ciclismo e i suoi luoghi mitici. Forse la gente si stringeva un po’ al passaggio dei corridori, ma contribuiva di certo ad aumentare lo spettacolo.
Poi, quando tutto è finito, con il texano che, passando, dava il via libera a migliaia di persone, un fiume di gente si è rigettato verso Le Bourg d’Oisan. Impressionante. Sulle rampe più dure pareva la piena dovesse rompere gli argini. I coraggiosi che avevano affrontato la temibile salita in sella erano molti: sarà per la prossima volta, quando forse avremo meno fretta.
L’appuntamento è, sin d’ora, a Courchevel nel 2005…

PS: Per la cronaca, abbiamo fatto ritorno in Valle alle 23:30, facendo il Piccolo San Bernardo completamente di notte: 15 auto, 2 lepri e 2 rane sull’intero percorso. Neanche un ciclista, strano…

Nessun commento: