venerdì 30 maggio 2008

Robert Fisk - Del perché dalla storia non impariamo mai nulla

Robert Fisk dovrebbe essere uno di quei nomi che, invocato, evocasse reportage d'autore, esperienza sul Medio Oriente, memoria storica delle guerre che segnano quell'area dal dopoguerra ad oggi, autorevolezza e notorietà. E invece, in Italia è quasi sconosciuto. Giunti al confine nazionale, al di là è il vuoto: a parte qualche premio Pulitzer, al di qua filtra ben poco dei grandi giornalisti internazionali. E ci teniamo i D'Avanzo, i Giordano, i Facci come esempio. Bah!

Escludete pure questa introduzione, aggiunge poco ai miei pensieri dopo questa lunghissima, faticosa ma interessante lettura. Cronache mediorientali è tutt'altro che un libro facile, un best seller. E' un libro di storia, di reportage giornalistico. Che, attraverso la narrazione del dietro le quinte dei tanti servizi che l'autore ha scritto e fotografato per il Times prima e per l'Independent poi, fornisce un quadro completo degli ultimi 60 anni di tensioni internazionali, dall'Algeria alla Palestina, dalla Bosnia al Pakistan: una vita a Beirut per lavoro, "il luogo che ormai chiamo casa", usando le parole dell'autore, intramezzata da numerosissimi viaggi in tutti i Paesi arabi e oltreoceano, nella tana dei nuovi imperatori, per cercare di capire. Capire, non limitarsi alla cronaca come fanno molti giornalisti "neocon" americani, che avallano ogni decisione del proprio governo se è a favore di Israele e contro il "terrorismo", a prescindere dall'approfondimento e dalla storia.

La storia, come ci insegnano a scuola, è recursiva. Torna sempre, più o meno simile. E la storia delle guerre è ancor più recursiva, quasi fotocopia tra l'una e l'altra: è proprio il motivo per cui ce la insegnano a scuola, "per non fare nuovamente gli stessi errori". Dal genocidio degli Armeni in avanti, passando per le guerre sostenute da noi occidentali per i nostri interessi in Medio Oriente, arrivando alle ultime "guerre al terrore" che ricalcano perfettamente eventi passati, anche nei minimi dettagli, non abbiamo imparato nulla: decisioni avventate, guerre lampo, sacrifici di innocenti come "danni collaterali" nel nome delle bombe intelligenti, utilizzo di armi non convenzionali per evitare che i "tiranni arabi" utilizzino le loro (inesistenti) contro di noi; disprezzo per le risoluzioni delle Nazioni Unite che non fanno comodo, invocazione di quelle che invece riteniamo giuste per attaccare Nazioni sovrane. La lista sarebbe lunghissima.

In oltre un migliaio di pagine, fitte fitte, Fisk racconta, senza mai rendersi noioso e ripetitivo, tutti gli sbagli, tutte le decisioni controproducenti, tutti gli errori ripetuti più volte in nome della tutela della civiltà e della democrazia. Chi meglio dell'autore stesso potrebbe sintetizzare meglio la sua opera:

"Per distruggere le armi di Saddam, per democratizzare, difendere e tenere insieme l'Iraq, i soldati statunitensi rimarranno bloccati lì per decenni. Eppure nell'Iraq liberato ci saranno sicuramente attacchi terroristici come nell'Afghanistan liberato. Perché un Islam militante che tiene in pugno decino di milioni di credenti non accetterà mai che si George Bush a decidere il destino del mondo islamico. [...] La specialità dei popoli islamici è l'espulsione di potenze imperiali tramite il terrorismo e la guerriglia. Hanno mandato via gli inglesi dalla Palestina e da Aden, i francesi dall'Algeria, i russi dall'Afghanistan, gli americani dalla Somalia e da Beirut, gli israeliani dal Libano... Abbiamo imboccato la strada dell'impero, ma oltre la prossima collina incontreremo quelli che ci hanno preceduti. L'unica lezione che apprendiamo dalla storia è che non sappiamo apprendere dalla storia".

Robert Fisk
Cronache mediorientali (The great wer for civilization: the conquest of the Middle East)
Il Saggiatore, Milano, 2006
Euro 35,00

Chanoux si rivolta nella tomba...

Mio cugino è fascista.
Fossi fascista anche io, potrei dire che in ogni famiglia le disgrazie ci sono: uno nasce ghei, uno minorato mentale, uno fassista, uno komunista. E' matematico. Ma non sono fascista, e discorsi così semplicistici li uso soltanto come artificio retorico per farvi sorridere un po'.
Ebbene, il suddetto fascista, militante, è già stato a visitare il glorioso giacilio eterno del Duce, a rendere omaggio ai luoghi storici della vita della guida e luce dell'italico popolo, girando sempre al largo di piazzale Loreto, delle leggi razziali del '38 (ovviamente troppo blande) e sputando persino su Alemanno («quello non è mai stato fascista!»). Sminuisce la Resistenza, dicendo che ha fatto più male che bene, e che se non fosse esistita avremmo oggi la stessa libertà. Odia i komunisti, i democristiani, non vota nulla più a sinistra della Fiamma Tricolore. Colleziona filmati d'epoca, gli manca proprio soltanto il busto di Benito in camera: come avete capito, un vero caso patologico.

Ebbene, mai avrei fatto questa lunga introduzione se non per sfotterlo un po': alle ultime elezioni, cotanto pezzo di italica razza, sì ardito e fiero, sì convinto della luce che ha visto nel fascio littorio e nell'italica patria...
(suspense)...
In fondo il voto è segreto...
No, in fondo me lo ha detto lui... Ridacchiando...
No, non lo dico per privacy.
Sì, lo dico. Sicuramente così facendo lui rifletterà un po', e rifletteranno anche i miei pochi lettori.

... ha votato Union Valdôtaine. Union Valdôtaine. Union Valdôtaine. Union Valdôtaine.

Del voto, è stato facile ottenere risposta. Ma il motivo, gliel'ho estorto, a fatica, l'altra sera. E ci sono rimasto. Cosa c'entrerà l'UV con i fascisti, mi chiedevo? «Tanto è un voto su 30mila», mi ha replicato: bella convinzione da militante politico, penso. «Sì, ma un militante come te, dovrebbe avere delle idee. E votare un partito tipicamente antifascista per un fascista dovrebbe essere impossibile», replico.
Eppure è successo. Insistendo, è uscito che qualcuno gli ha promesso qualcosa. Ahi ahi... Siamo alle solite... Le voci che si rincorrevano, mai confermate nella pratica (almeno al mio orecchio distratto), che l'UV aiutasse la propria campagna con promesse e promessuccole ha conferma. Ma non è questo il punto: se si riescono a convincere anche i militanti (persino gli estremisti) con simili giochetti, siamo proprio alla frutta, come società...
E ci meritiamo quello che è successo, a Roma e ad Aosta.

martedì 27 maggio 2008

Non basta scuotere la testa #03

Batosta per la sinistra, batosta per la destra, batosta per la Fédération. Ridono soltanto Vda Vive - Renouveau (ma è un sorriso stiracchiato: pensavano di spaccare il mondo) e, come sempre, Union. Tanto.
La grande campagna elettorale, basata sui cambiamenti e che non ha coinvolto i cittadini, non cambierà nulla, assolutamente nulla. Anzi, la strada per i progetti faraonici e colossali, con un nuovo presidente in pectore icona del decisionismo, sarà spianata: ennesima dimostrazione che certe questioni è meglio non buttarle in politica. Domani avremo un inceneritore inutile, un casinò con l'acqua alla gola come in passato, piste forestali anche a 4000 metri, 25 ponti sul Buthier uno a fianco all'altro, telecabine in città e palasport anche a Pontboset. I partiti che vi si opponevano sono stati sconfitti: non romperanno più le scatole.

Stamattina, un amico evidentemente komunista (e di conseguenza in malafede) ha commentato i dati elettorali: "Risultati da terzo mondo, con il primo partito al 50% e il secondo al 10". Come ho detto, è sicuramente in malafede. Grullo! oggi serve andare in giro a gridare la valdostanità, altro che pettinar le bambole con storie africane o sudamericane di partiti-stato e dittature più o meno dolci... E comunque, qui l'UV avrà anche rubacchiato voti qua e là, fatto favori a Pio, Juan e Martin, ma un moto di orgoglio degli altri partiti non c'è stato. No, niente dittature, al massimo troppo potere per troppo tempo, tutto lì.
Poco dopo parlo con un amico di Milano.
"Come sono andate le elezioni?", mi fa.
"Beh, destra debole, sinistra spazzata via, trionfo UV". Poi snocciolo i dati.
"Un risultato da Paese del terzo mondo!". Lui non era in malafede. Potete sempre appellarvi al fatto che non conosce la situazione valdostana...

La gente ha scosso la testa, ha digrignato i denti, si è lamentata e ha illuso due parti politiche di poter fare il colpaccio: una in particolare, adesso, si lecca le ferite. E' finita un'epoca: con i verdi fuori dal consiglio, unici a fare da "cane da guardia" al potere in un paesello in cui la stampa, quel mestiere, ha smesso di farlo da tempo (basta vedere la schiera di giornalisti ai festeggiamenti dei vari partiti, e sapere che sarebbero stati molti di più, ma qualcuno doveva lavorare), anche quel poco di opposizione "vera" non esisterà più.
Rientra AN, ed è un bene proprio in ottica di opposizione: qualcuno che la farà ci sarà anche stavolta, ma gli interessi saranno diversi.
Il PD e Renouveau invece dovranno abituarsi ad essere minoranza e a tutelare anche le ampie aree extra-consiliari, compresa l'ampia fetta di astenuti. Preoccupanti perché non esiste un progetto, in Valle come a livello nazionale, che sappia coinvolgere gli incerti e gli oppositori ai partiti tradizionali.
Le spallate si fanno parlando di pane e vino, non parlando di etica, assistenzialismo, nanoparticelle, bilinguismo e sogni.

L'UV vince proprio per questo: dà risposte. Anche sbagliate, ma le dà.
E l'opposizione parla un altro linguaggio, fatto di idealità e utopia, di opposizione dialogante e moderata, rigorosa o dura: cosa mai cambierà? Un'opposizione fatta di personaggi strani, spettinati e con la camicia a quadri, caricatura del valdostano medio UV: e allora perché un cittadino dovrebbe votare lui piuttosto che l'originale? E infatti ci sono cascati soltanto quei gonzi della sinistra, che hanno votato la copia dell'UV anziché i propri partiti.
Opposizione composta da:
a) persone che parlano come la vecchia sinistra italiana decapitata;
b) persone che passano il tempo a discutere di equilibrismi tra le anime del PD;
c) persone che chiedono più spazio all'iniziativa privata e al libero mercato, ma più interventi pubblici a sostegno dell'imprenditoria.
Un'opposizione con poco spazio, con poche abilità comunicative, sognatrice e poco concreta: a destra come a sinistra. Nella vecchia legislatura come nella prossima.

Addirittura nell'UV, oggi, chi aveva chiesto a Rollandin di farsi da parte paga pegno. Più che lo strapotere dell'Empereur, si nota voglia di semplicità: "Perché dobbiamo trovare lungo con gente complessa, che fa distinguo, che mangia dallo stesso piatto di tutti gli altri però si lamenta, che parla difficile per poi trovarsi allo stesso punto di tutti", dice la ggente (con due "g", la gente autentica).
"Vogliamo continuare ad essere ricchi, senza doverci sbattere per lavorare, per fare meglio degli altri. Ci tolgono i buoni benzina? Assassini, noi continuiamo a votare UV perché almeno quei soldi ce li darà in qualche altro modo. Ci fanno concorrenza dalla Cina? Noi votiamo UV, che almeno un posto di lavoro ai figli ce lo trova. Ci sono troppi rifiuti? Diamogli una bella bruciata, spendiamoci i soldi, ma almeno non li vediamo più".

E infine, nel delirio post-voto, si sentono gli sconfitti che abbandoneranno la politica perché il sogno della spallata è rimasto tale. Arrivisti? Opportunisti? Semplicemente abbacchiati? Boh, chi lo sa.
Sta di fatto che, normalmente, destra e sinistra locali sono composte da persone che fanno politica per passione più che per tornaconto personale. Per ideali, etica (chi più chi meno), e non per un posto al calduccio su di una poltrona comoda in un bel palazzone del centro con un assegno mensile e una ricca pensioncina.
O no?

lunedì 26 maggio 2008

Non basta scuotere la testa #02

Come volevasi dimostrare, affluenza in calo di 3 punti rispetto a 5 anni fa.
Previsione: forte delusione per PD e VdA Vive-RV.

domenica 25 maggio 2008

Non basta scuotere la testa

A mezzogiorno di oggi ha votato il 23,28%. Cinque anni fa, aveva votato il 19,35%. Eppure credevo che questa campagna elettorale regionale stancante, che aveva coinvolto su fronti contrapposti per la prima volta tre grossi blocchi, con faide interne, scontri duri e attacchi personali sinceramente evitabili, non avesse colto nel segno, lasciando piuttosto indifferenti gli elettori, non convincendo gli indecisi e non spostando voti rispetto a 5 anni fa: una vittoria (non così schiacciante) dell'UV è ancora oggi nell'aria, ma con questi numeri non si sa mai... Campagna elettorale tutta giocata sul cambiamento, anche dai partiti di maggioranza, come se per anni non avessero potuto governare e usare la montagna di soldi del bilancio regionale per dare nuovo slancio ad una regione bella addormentata. Una campagna tutta basata sul personalismo dei candidati, sui bacini di voti dei soliti noti e della ineluttabile volontà di mantenere in realtà tutto come prima.

"Io non voto Arcobaleno, anche se vorrei perché mi ci riconosco. Però presenta troppi impresentabili, troppe persone che predicano bene e razzolano male". L'ho sentito dire riferito alla lista che comprende tutta la sinistra, un partitino regionalista e l'Italia dei valori di Di Pietro. Chi l'ha detto voterà per l'UV: evidentemente condannati riabilitati, intrattenitori popolari e assessoroni fanno una meglio figura rispetto a operai, insegnanti, impiegati.
"Io non voto la destra perché è troppo legata a Berlusconi". Evidentemente l'antiberlusconismo esiste e resiste, non come crede Veltroni.
"Io non voto la destra perché non è questa, la destra". Evidentemente il PdL non piace ai veri conservatori e ai veri liberali.
"Io non voto PD, Veltroni mi sta in quel posto". Stesso discorso fatto prima su Berlusconi, non si capisce come possano influire Silvio e Walter nella politica locale se non come "area di riferimento".

A Roma c'è ormai un Governo in tenuta antisommossa. Vara il decreto "sicurezza", seguono un paio di nottate di roghi nei campi rom. Vara il decreto rifiuti, scontri a fuoco nel napoletano. Maroni: "non trattiamo con chi lancia molotov" e risponde con i manganelli e le formazioni a tartaruga. Alemanno, sindaco di Roma, tuona contro gli italiani che tirano sotto persone di notte, ubriachi: "serve più sicurezza", ma quelli non sono rom e non si possono rastrellare e incasellare nei luoghi comuni.
L'opposizione che fa? Dialogo: dice che avrebbe voluto fare le stesse identiche cose, ma non ha potuto "per colpa di quegli orchi della sinistra". Bella roba: alla faccia dell'integrazione, del dialogo con le popolazioni locali che anche PD (e persino l'Udeur e l'UDC) professavano, adesso si accorgono tutti che le botte possono essere la soluzione. La sinistra scuote la testa, ma come un pugile suonato e non come una volpe che aspetta il momento buono per tornare leone.

Insomma: personalmente trovo che schierare l'esercito per accumulare rifiuti in mezzo alle case non sia tollerabile. Trovo che bruciare i campi rom sia meschino e da senza palle. Trovo che le ronde per la sicurezza siano l'apice della xenofobia e che avere paura di finire arrotati dalle auto la sera in centro sia da popolazione senza spina dorsale: non è un problema di sicurezza, ma di educazione. Per anni i media hanno martellato la popolazione con il messaggio degli immigrati assassini, stupratori e ladri, nel più vile dei ragionamenti e nel segno dell'etica più pigra e comoda.
E' così difficile fermare gli irregolari alle frontiere? Rimpatriare gli irregolari dai CPT? Integrare chi c'è e chi entra regolarmente? E soprattutto, è così irragionevole fare opposizione chiedendo queste cose? Non sono né politiche di destra, né di sinistra, ma di buon senso.

Già, il buon senso. I grandi partiti del buon senso, che non ci sono più. Gli unici, resistono e vinceranno ancora una volta in Valle d'Aosta. Potrebbero essere proprio questi i temi perché questi "non allineati autonomisti" scelgano da che parte stare per eventuali alleanze: per i rifiuti, con la politica terroristica "Aosta come Napoli" spingono per l'inceneritore anche senza avere i numeri perché sia economicamente sostenibile; l'immigrazione è un problema secondario, un campo rom da queste parti resiste uno o due giorni e poi nemmeno gli zingari ne possono più degli abitanti circostanti e delle forze di polizia schierate.
Le alleanze non preventivate sono ciò che temo: in pomeriggio andrò a votare A, che dopo si alleerà con B. "Non voto UV questa volta, non voglio dare il voto alla destra, perché tanto ci si alleeranno prima o poi": altro commento "tra la gente". "Io non voto": mi giungeva nuova la voce di una persona che in passato aveva sempre votato; "in questi giorni tutti chiedono il voto, da lunedì non li vedrà più nessuno. Non mi faccio prendere per il naso un'altra volta".

Nell'immagine, la Casta

giovedì 22 maggio 2008

Rigurgiti di Caran d'Ache

Domani esce ufficialmente il francobollo dedicato alla Valle d'Aosta, l'ultimo della serie a tema sulle Regioni italiane, l'emissione dei quali è iniziata nel 2004. Il bozzetto, di Tiziana Trinca, ritrae Castel Savoia di Gressoney-Saint-Jean e, in tutta la sua maestosità, il Cervino.

Peccato che sia ritratto il "lato B" della Gran Becca, quello di Zermatt: per capirci, quello che per anni abbiamo visto sulle scatole delle matite più fiche. Il solito, clamoroso, errore. Tra i filatelici, si ricorda l'ultimo francobollo valdostanofilo, dedicato alla Fiera di Sant'Orso: con in primo piano un bel paio di zoccoli sardi...

giovedì 15 maggio 2008

Mi bullo

Ieri sono stato un pomeriggio con il campione del mondo di downhill, Sam Hill, il figlio di Benny Hill.
Foto per pochi intimi, riprese per un servizio Rai: sei top rider tutti per noi, proprio un bel pomeriggio, a Pila.

Ah, e oggi è partito ufficialmente, grazie al signore dei domini web italiani che si è degnato di rispondere alla mia istanza, MTBnews.it.

Nell'immagine ©manomano, da sinistra Brendan Fairclough, Corrado Hérin e Sam Hill

mercoledì 14 maggio 2008

Travaglio, Di Pietro, ami e abboccamenti

Due parole sulla vicenda Travaglio: perché tutto 'sto casino?
Dire che Schifani era amico di gente che poi si è rivelata mafiosa è la verità. Non è penalmente rilevante, ma è piuttosto infamante: negli Stati esteri, per molto meno si perderebbe la reputazione, altro che seconda carica dello Stato.
Non solo il giornalista a rivelare questi dati diverrebbe famoso, ma avrebbe il doppio degli spazi, per merito. E se solo si rivelassero "voci" e non "verità", quello stesso giornalista finirebbe a scopar le foglie.
Seconda cosa: dire che Travaglio ha troppo spazio in TV è un insulto al buon senso. Proprio in questo periodo in cui si vedono Filippo Facci (bugiardo e piuttosto incapace, ma belloccio e molto telegenico), Paolo Liguori (moderato come un crampo in quel posto), Paolo Del Debbio (opinionista tra la gente, che puntualmente vira a proprio favore) e altri giornalisti prezzolati in tutte le salse, dire che Travaglio ha molto spazio è da idioti: in Mediaset non appare nemmeno da morto, in Rai appare una volta a settimana, e in qualche ospitata. Non la vedo, francamente, questa sovraesposizione.
Dà, come sempre, l'idea del pretesto per ambire ancora una volta a spartirsi la RAI, a cacciare qualche voce fuori dal coro con la scusa patetica della mancanza di rispetto verso le istituzioni e dell'uso criminoso del mezzo pubblico. Tutte cose già sentite, tutte cose cui questa volta nessuno si opporrebbe.

Già, perché Berlusconi è riuscito non soltanto a distruggere la sinistra, con l'aiuto di Veltroni, ma sta riuscendo anche a distruggere il PD (se mai fosse nato, è ancora da chiarire): opposizione costruttiva, fine dell'anti-berlusconismo, applausi ai suoi discorsi, imbavagliamento della stampa bipartisan, non una critica che sia una. Dopo che Silvio è riuscito a far accettare alla Nazione ministri come Calderoli, Bossi, Vito, Alfano e Bondi (alla cultura!) senza che dall'opposizione non si levasse una mosca, un commento perlomeno critico, un fischio, chissà quali porcate riuscirà a propinare a tutti in cinque anni di governo senza una vera opposizione. Come ha già detto qualcuno, la vera opposizione in parlamento è l'UDC!

Il centrodestra ha buttato l'amo delle riforme costituzionali. E tutti hanno abboccato. Sullo snellimento dell'apparato statale, sull'abolizione del bicameralismo perfetto, sulla nuova legge elettorale, sono tutti d'accordo. Sul federalismo fiscale e sulle nuove forme di autonomia finanziaria e amministrativa regionale, assolutamente no. La Lega è un partito di governo, ma assolutamente minoritario: e anche tra i suoi elettori, ben pochi sono quelli che hanno votato il carroccio per questi motivi. L'elettore leghista vuole tornare a respirare nelle periferie intasate di immigrati irregolari, vuole scacciare la terribile paura dell'insicurezza che proprio il centrodestra gli ha inculcato, vuole che il suo posto di lavoro torni sicuro. Vuole qualche rom in meno, vuole che le rapine ci siano come sempre, ma vuole che se ne parli un po' meno perché non c'è più il komunista di turno da incolpare di lassismo e buonismo.
Di come paga le tasse, e se vanno a Roma o a Pontida, gliene frega relativamente: basta pagarne poche, e vedere qualche vigile sotto casa e il marciapiede pulito. La minoranza federalista degli elettori tiene in pugno la maggioranza del partito, del governo, del parlamento e del Paese. Un'escalation eccezionale, con l'otto per cento dei voti.

giovedì 8 maggio 2008

Semplice coincidenza

Qui, nel mondo reale, la reazione al nuovo governo è stata diarrea e vomito.

sabato 3 maggio 2008

Valdostano medio #04 - Ritratto

Oggi, alle 12.45 circa, su Raitre (in Valle d'Aosta), lunga intervista a Mene, AKA Valdomedio, AKA colui che ha conquistato un sacco di spazio mediatico senza aver fatto nulla più di tanti onesti rapper.
A seguire, telecronaca blog.

Ebbene, Mene ha parlato a ruota libera per 4-5 minuti, spaziando sulla sua musica, sui suoi progetti, e soffermandosi a lungo sulle idee: con questa intervista ha tolto la maschera. Mene non è "Valdostano medio". La satira si è fermata lì, la critica è proseguita.
Nonostante ciò che ha dichiarato più volte ("la mia è soltanto satira" e "non faccio politica"), si può dire che il pensiero sia evoluto: la satira di Valdomedio è acqua passata, ora Mene porta avanti convinto la critica sociale che ha messo in atto. Ritratto quindi in parte ciò che avevo pensato su "Valdostano medio": è un'allegoria, una satira a tutti gli effetti, ma il pensiero dell'autore va oltre, ed è un tantino distorto. Di questo è molto convinto, si ritiene appoggiato dai coetanei, e si può credergli facilmente: il disagio per tradizioni non condivise, il fastidio per alcuni aspetti che fanno di una parte della Valle un'entità rimasta ferma ad una cinquantina di anni fa era forte anche quando io stesso avevo quell'età.

Se scrivo "i valdostani sono tutti ubriaconi", so di esagerare volutamente, se invece ritengo sia la verità, allora la mia non è satira. Mene ritiene che lo sport popolare più diffuso sia la sbronza collettiva (oltre che la battaglia delle mucche). Forse questa è la parte più azzeccata di tutta la sua "critica sociale", quella su cui poteva ottenere consenso anche dal "mondo degli adulti" che invece si è dimostrato così chiuso nei suoi confronti. Mene fotografa senza dubbio una parte della società valdostana, facendo satira, sberleffo o sfottò si possono inquadrare bene questi personaggi medi. Cercare invece di dare un quadro generale partendo da questi "casi limite", non è sbagliato, ma è anche dannoso. Sbagliato perché dimostra chiusura mentale da parte di chi raffigura la valdostanità in questo modo: esistono ottimi allevatori, ottimi scultori, ottimi valdostani; esistono valdostani come Mene, esistono valdostani legati soltanto alle mucche e che non sanno accendere un pc, esistono "valdostani del terzo millennio" che convivono in pari grado con il passato e con il futuro. Facendo satira posso dimenticarmene: il burino romano di Sordi rappresenta benissimo una parte di società italiana che mangia spaghetti e rutta fragorosamente, ma l'Albertone non ha mai pensato di descrivere antropologicamente la società italiana.
Dannoso perché ci si espone facilmente a critiche feroci, anche da parte di chi si riempie la bocca di "tradizioni", di "tutela della vita rurale", di "radici autentiche" senza avere nemmeno ben chiaro in testa che cosa siano.
Ecco, ieri Mene ha pisciato un po' fuori dal vasino: se voleva difendersi, non ha adottato in nessun modo la tecnica migliore. Se voleva attaccare, lo ha fatto un po' fuori tempo. Al termine dello spazio video, arriva addirittura ad augurarsi di non diventare mai allevatore o scultore.

Che caratteristiche di chiusura mentale può avere, uno scultore?

venerdì 2 maggio 2008

Neurodeliri

Ho come la sensazione che ci si stia impegnando fortemente per mandar via qualcuno dalla Rai delle Libertà.
Non mi interessa il merito, ma sinceramente un presidente di azienda pubblica dovrebbe intervenire per censurare i comportamenti sgarbiani, non i contenuti...