domenica 31 luglio 2005

Chissà perché! #08

Perché i catarifrangenti dei guard rail sono sempre tutti rotti? Esiste una figura professionale di "spacca-rifrangenti"?

Come ti risollevo le vacanze

A volte basta poco per cambiare il giudizio su di una vacanza. Basta una partita a "calcino" con qualche buzzicone valdostano e un gruppo di pistoiesi assonnato dal piattume di un locale di provincia si risveglia e, oltre al fresco e alle montagne, potrà ricordare un soggiorno nella dzenta valaje in modo positivo.
Ennesima dimostrazione che a fare la differenza sono persone ed attività e non milioni e enormi impianti.

venerdì 29 luglio 2005

A forza di "Al lupo! Al lupo!" agli albergatori non crede più nemmeno Cappuccetto Rosso

Quando i bambini sono piccoli, si insegna loro a non lamentarsi per qualsiasi sciocchezza, ma di dare il giusto peso alle proprie manfrine per evitare che, nel momento del vero pericolo, i nostri pargoli non vengano ascoltati. Evidentemente gli albergatori valdostani (e un po' quelli di tutto l'occidente) non sono mai stati bambini. Da anni, estate inverno e primavera, stampa e televisione locali vanno ad interrogare gli esercenti turistici sull'andamento degli affari e sulle presenze. La risposta ormai è standard: va tutto male. Perfino nel 2003 qualcuno faceva il piangina. 2003, anno magico di 40°C per più di 40 giorni nelle grandi città del Nord Italia, durante il quale trovare un posto letto in Valle d'Aosta era peggio che trovare un italiano a Sharm-el-Sheik di questi tempi. Quel 2003 oggi preso come "anno 0", incredibile ed irripetibile pietra miliare del turismo di inizio secolo.

Un punto cardine dell'analisi, in ogni ambito scientifico, è l'osservazione. Guardare, ma soprattutto vedere. Vedere se le persone fanno una determinata cosa, come la fanno, con quale frequenza e con che risultati in termini di soddisfazione. Per questo basta fare un giro a Cervinia, a Courmayeur, a La Thuile, a Gressoney in questi giorni per rendersi conto che il pienone non c'è. Questo che dovrebbe essere un periodo di pienone e di gran folla ai piedi delle nostre montagne è in realtà poco frequentato anche dai clienti abituali. Durante i week end la situazione migliora leggermente, ma è nei giorni feriali che il deserto prende forma.

Farebbero quindi bene gli albergatori a lamentarsi. Lamentarsi di sé stessi e del fatto che lamentarsi è ormai un'abitudine, che rimane inascoltata alle orecchie della comunità locale: "Ma come, quando c'era il pienone, non riuscivamo a trovare un parcheggio o a bere un bicchiere al bar o a mangiare una pizza, voi vi lamentavate? Abbassate la cresta e datevi da fare!". E così, un turismo fortemente in crisi, legato ad un modello di sviluppo di 30 anni fa (o più), con una domanda di prossimità e un'offerta di servizi debole, urla senza che nessuno lo stia ad ascoltare. L'urlo di Munch trasmette più sensazioni di tutto il baccano che dalla Val Ferret alla Valle del Lys, passando per Cogne e Pila, gli operatori fanno ciclicamente ogni estate.

"Il cliente ha la tendenza a prenotare all'ultimo momento". E tante grazie, se per carità divina dovesse mai piovere non saprà cosa fare per quei 2-3 giorni di soggiorno nel paese di "noia-landia". "Il last minute ci rovina". E tante grazie, se invece di restare a guardare riusciste ad organizzare un sistema di prenotazioni unico e rapido sfruttereste il last minute e non ne sareste succebi. "Non sappiamo più come organizzarci, nemmeno con le assunzioni stagionali". Suvvia, le stagioni che tutti vorrebbero allungare di accorciano, ma i picchi in cui serve più personale sono gli stessi da 40 anni...

Insomma, quando si accorgeranno che piangere non serve a niente, sarà ahimé troppo tardi. Ma quando finalmente qualcuno ammetterà che, anche solo per una settimana, le cose sono andate veramente bene, tutti tireremo un sospiro di sollievo. Ma non crederemo più nemmeno a quello.

venerdì 22 luglio 2005

Il turismo nella valle del Gran San Bernardo: la mostra diffusa è molto diffusa

La Valle d'Aosta non è fatta solo di località storiche e chic come Courmayeur e Cervinia, di "cittadine del malaffare" come Saint-Vincent, di stazioni sciistiche rinomate come Pila o La Thuile. La Valle d'Aosta è soprattutto piccole località sparse tra la bassa e la media montagna, con un'economia ancora agro-silvo-pastorale e dimenticate (per fortuna) dalle grandi masse e dallo sviluppo turistico degli anni ruggenti, '60 e '70. Etroubles e Saint-Rhémy-en-Bosses tentano così di fermare per un momento i tanti viaggiatori di passaggio nella valle del Gran San Bernardo per fargli conoscere questa realtà spesso dimenticata, con un pizzico di cultura.

Etroubles propone una "mostra diffusa" in collaborazione con la Fondation Gianadda (da leggersi Janadà, dal nome di un mecenate italiano emigrato in Romandia) di Martigny, che raggruppa opere molto eterogenee sia per tecnica (affreschi, sculture lignee o bronzee o moderne in acciaio, quadri, composizioni in pietra), sia per provenienza (Valle d'Aosta, Svizzera, Francia, resto d'Italia), sia per soggetti raffigurati.

Il percorso, ben segnalato, si snoda per tutto il vecchio borgo, sulla sinistra orografica dell'Artanavaz, tra strette vie e piazzette. È un modo spesso utilizzato altrove per "costringere" il visitatore a soffermarsi, oltre che sulle opere, sul contesto paesaggistico e cittadino, per conoscere angoli suggestivi di solito snobbati dalla velocità di auto e moto. Irrimediabili spuntano le note negative: angoli che non sarebbero proprio da far vedere (ma trovare il borgo ideale è impresa ardua, in Valle d'Aosta almeno) e mancanza di una "mappa" con il percorso completo a disposizione di tutti i visitatori. Le suggestioni sono però molte, le opere e il contesto sono l'ideale per mettere alla prova la curiosità e la creatività di fotografi o semplici villeggianti.
Saint-Rhémy-en-Bosses contrappone alla molteplicità di soggetti e di realizzazioni di Etroubles, la molteplicità di esposizioni inerenti lo stesso soggetto. L'ultimo paese prima della frontiera elvetica è divenuto così "Le pays de la vache", il paese della mucca.

Il borgo di Saint-Rhémy, molto suggestivo, ospita un'esposizione diffusa intitolata ironicamente "La vatze in the world", in un mix tra patois e inglese che rende ottimamente l'idea della commistione tra scene di vita quotidiana e di orgoglio contadino valdostano in contesti stridentemente contrastranti, quali i prati di Central Park a New York City o lo sfondo tipico del cambio della guardia londinese. I fotomontaggi sono sparsi lungo un percorso quasi naturale nelle vie, da poco rimesse a nuovo, del villaggio più caratteristico della vallata.
Un'altra mostra, nello stesso stile, è ospitata dalla via centrale del capoluogo bossolein, Saint-Léonard. Qui il soggetto, sempre la mucca, è visto in ottica moderna in antiche cartoline informatizzate con colori sgargianti. Soggetti meno riusciti in un contesto meno riuscito fanno una mostra meno riuscita delle precedenti, ma con una buona idea alle spalle: il coinvolgimento diretto della popolazione, oltre ad inorgoglire e a rendere partecipi gli abitanti, aiuta nel passaparola e abbatte i possibili costi di allestimento.

Il castello di Bosses ospita invece altre tre mostre: stesso soggetto, che rischia di stancare anche un turista interessato, presentato questa volta in scatti che fotografano la vita in alpeggio, in opere pittoriche di Margueret e in sculture lignee dei migliori artisti valdostani, tra i quali i tatà di Marguerettaz e le creazioni del compianto Patrocle.
Insomma, la Coumba Freida si è lanciata per una volta, compatta, nella cultura. La prima mossa è fatta, vedremo nei prossimi anni quali altri villaggi e paesini della Valle, meno fortunati di altri nel turismo estivo, sapranno cogliere l'occasione di presentarsi al pubblico con un'immagine innovativa, nell'immancabile tradizione.....

martedì 19 luglio 2005

Prima di RaiVdA - Dopo RaiVdA - Qual è la differenza?

Da qualche settimana, in un orario infelice dettato dalle esigenze nazionali di palinsesto, va in onda su Raitre, la domenica mattina attorno alle 10, "Prima di RaiVdA", una serie di documenti e documentari che testimoniano com'era la Valle d'Aosta prima che esistesse la sede regionale della TV di Stato. Interessanti interviste a bacan tutti d'un pezzo, progetti mastodontici di sviluppo turistico ed economico, sindacalisti e politici idolatranti la "dzenta valaje". Cos'è cambiato? Ben poco o forse nulla: le idee stantìe sono sempre le stesse, non hanno dato frutti ma vengono riproposte oggi allo stesso modo. E anzi, a volte vengono fatte passare come novità tecnologiche raffinate.
I. Le industrie della bassa Valle in crisi. In uno stabilimento, alla fine degli anni '60, per ovviare a problemi finanziari dei "padroni", gli operai mettono su una "società comunista" in cui il CdA è formato dagli operai tutti. Poco dissimile dall'attuale situazione di crisi profonda di Tecdis, Olivetti IJet, Feletti, ecc... La soluzione che si trova? Soldi dalla Regione, che è ben contenta di darne per evitare che si perdano posti di lavoro.
II. La montagna spopolata. L'allora direttore di non-so-quale-organismo-quasi-pubblico Ilario Lanivi, futuro presidente della Giunta, è felice di presentare il contributo pubblico, a fondo perso, di 30.000 lire annue per capo bovino. Ho come il sentore che il contributo attualmente non sia più di 30.000 lire. Sta di fatto che a questo si sono aggiunti negli anni i contributi per il verde agricolo, per i tetti in lose, per l'agricoltura di qualità, per i consorzi fondiari, per i consorzi lattiero-caseari e via discorrendo. Insomma, la soluzione sono i soldi dalla Regione. Che però hanno solo protratto nel tempo un problema che, evidentemente, andava risolto in altro modo.
III. Il turismo che non ne vuole sapere di rilanciarsi. Pila costruisce il più grande scempio paesistico e architettonico della Valle proprio in quegli anni. Una stazione integrata, raggiungibile in auto e in ovovia da Aosta in pochi minuti, con negozi, banche, poste, abitazioni, alberghi, ristoranti, piscine, campi da tennis e piste da sci sotto casa. Ma un altro progetto concorrente fa sfumare il tutto, lasciando un'enorme, sottoutilizzata e oscena struttura degna del nome di cattedrale nel deserto. Ancora oggi la Valle tira fuori ogni 2x3 il concetto di stazione integrata, da sviluppare ad ogni costo per fare il decisivo salto di qualità al quale "l'esigente turista attuale" (degli anni '60) non può fare a meno. Il tutto farcito da copiosi contributi dalla Regione.
IV. Il particolarismo minacciato. L'autonomia minacciata e moine simili non nascono certo negli ultimi anni. Nessuno ci ha mai veramente creduto, penso, nemmeno chi ha fatto suo questo motto nella propria politica. Qui però i soldi della Regione non c'entrano. Sono cruciali quelli di Roma...
Insomma, in 40 anni non è cambiato nulla o quasi. O perlomeno non è cambiato il modo di farcelo vedere e sentire dal servizio pubblico. Tutto sta nel determinare quale sia la verità: non è cambiato nulla o qualcuno vuole che non sia cambiato nulla, per pigrizia, per convenienza, per sfizio?

mercoledì 13 luglio 2005

Courchevel - 12/07/2005

Dalla Vallée alla Tarantaise

E anche quest'anno, con decisione maturata già dalle prime avvisaglie di una tappa savoiarda, "vicino" a casa, e poi confermata dalla presentazione della Grande Boucle a novembre, siamo stati sulle strade della corsa francese.
Questa volta, finalmente, per pedalarci, oltre a vedere (per pochi secondi) i mostri del vélo.
Mon ami Matteo prende il largo direttamente da Aosta in sella, di buon mattino.
Io parto in "ammiraglia" qualche ora dopo. Nella Valdigne, dove svetta maestoso il Monte Bianco, i ciclisti sono numerosissimi. Come nel più antico cliché del ciclista, un pedalatore si volta per guardare una pulzella alla fermata dell'autobus e, tagliando la propria corsia, ci manca poco che finisca sotto le mie ruote... A Pré-Saint-Didier la cosa di fa seria.
Vecchietti con "muntan baic" da supermercato affrontano il mitico (e facile) colle, una comitiva di tedeschi che gira l'Europa dei grandi colli non poteva farsi mancare il PSB.
L'ammiraglia fa sosta a La Thuile, per comprare la rosea (mai soldi furono più gettati alle ortiche: l'unica cosa per cui ci serviva, i dorsali dei corridori, non c'erano...) Poi, sorpassando una buona cinquantina di "colleghi" raggiungo anche Matteo, che si intrattiene, in un mix di italiano, tedesco, francese e inglese, con un gigante tedesco che va persino più forte di lui. Il Colle è ormai vicino, e dopo una "sosta tecnica", iniziamo la discesa verso Bourg-Saint-Maurice.
La discesa è una di quelle toste. Bisogna pedalare e rilanciare in continuazione per fare velocità e la regolarità dei tornanti, dopo La Rosière, è impressionante. Mai uno strappetto, mai un restringimento: solo il paesaggio attorno si fa meno eroico e l'alta montagna lascia spazio a boschi, pascoli e finalmente alla cittadina di Bourg. Nella quale il Tour farà uno "sprint bonification" per la maglia verde su un simpatico strappetto che attraversa il centro della città.
Matteo trova il treno giusto e, restando attaccato a fatica in pianura ma staccando i due colossi che lo accompagnano in salita, giunge a Moutiers senza danni apparenti.

L'incontro con Radja

Dovevamo vederci a Moutiers, ci siamo poi visti a Salins-les-Thermes... poco importa. Sta di fatto però che abbiamo vagato come anime in pena perché non sapevamo dove incontrarci... Radja e la sua amica Anna sono [CUT] e [CUT] purtroppo [CUT] mi ha detto [CUT] il numero di cellulare [CUT]*. Mi ha fatto piacere incontrarle.

La salita

Da Moutiers, la strada inizia leggerissimamente a salire. Dopo Salins-les-Thermes, inizia un falsopiano intervallato da due discese, poi la salita si fa più decisa. A La Perrière la salita si fa più decisa, sempre regolare e mai con pendenze degne di nota. Poco dopo, un gendarme a bracia incrociate ferma tutti i ciclisti che tentano di salire. Non ci resta che appiedarci, spingere, e camminando come meglio ci riesce, girare l'angolo e risalire in sella. Ma, dopo 200-250 metri un altro gendarme, e un altro ancora. Così, appena fuori dal paese, ci fermiamo con disappunto (io) e un po' di sollievo (Matteo, 20 chilometri di salita sotto il sole dopo averne già fatti 120 non sarebbero il massimo).
La carovana ci decapita più volte, lanciando oggetti ad altezza uomo.
Rischio di perdere un occhio, Matteo rischia di perdere altre zone del corpo più intime. Alla fine anche questo pericolo è scampato. Un po' di paccottiglia di aziende francesi sconosciute la porteremo a casa anche quest'anno...

I pro'

Auto "la course est à cinq minutes". Auto. Auto. Moto. Moto. Moto. Auto. Gendarmeria. Auto. Auto. Moto. Fotografi. Ammiraglie. Moto. Avanti così per una buona mezz'ora, alla faccia dei cinque minuti. Tutte queste moine della corsa che sta arrivando servono solo per impedire al pubblico di pisciare senza problemi, perché la corsa potrebbe arrivare da un momento all'altro...
Quando si avvicinano gli elicotteri capiamo che forse è davvero la volta buona. Tra una selva di moto e auto al seguito passano Pereiro e Jaschke, che quasi mi travolge. Poi Brochard, staccato e al gancio. Un simpatico elicottero a bassissima quota spazza la strada e tutte le cianfrusaglie della carovana. È un vero pericolo per i corridori... Bah...
Poi passano sgranati altri membri della fuga iniziale, poco dopo a doppia velocità i Discovery che tirano il gruppo.
Poi gli staccati, tra i primi si riconoscono Caucchioli, tra gli ultimi Frigo.
Mauro Facci sale con evidente fatica.

Gli scatto una foto, mi guarda, mi dice: "Ehy, quanto manca?"
Io: "20 chilometri"
Facci: (sonoro) "PORCA TROIA!!"
Poi Dekker, che anticipa di pochi secondi il gruppettò, aperto sulla strada e a cui del distacco non può fregar di meno.

Morale della favola


È andata anche quest'anno. Poteva decisamente andare meglio se fossimo riusciti ad incontrare le ragazze un po' prima e fare la salita finale in tranquillità, senza che nessuno ci fermasse. Dopotutto è stata una bella giornata. È il nostro 4° Tour consecutivo vinto, altro che Lance...

* la ragazza è molto riservata. Parlare di lei in rete è vietatissimo

giovedì 7 luglio 2005

Ho conosciuto...

... il Presidente dell'Associazione Italiana Madonnari. Un'esperienza indescrivibile...

martedì 5 luglio 2005

Non ho che l'imbarazzo della scelta...

Non sapevo bene se scrivere un intervento sugli urletti della Sharapova o sugli urletti di Borghezio. Alla fine Vi lascio carta bianca

domenica 3 luglio 2005

Chissà perché! #07

Chiamare un figlio Aimone.

"Aimone, spegni il pc e la Playstation che andiamo tutti all'happy hour!"