lunedì 29 marzo 2004

111 - I chili di Tiziano Ferro

Dubbio esistenziale:
Sono l'unico ad aver pensato che Tiziano Ferro avrebbe potuto vincere ad occhi chiusi Sanremo con uno qualsiasi dei suoi singoli dall'ultimo album che radio e tivì ci hanno propinato certo più di Masini o Linda?
Evidentemente al dimagrito in questione di un premio pesante come il leone sanremese non può fregare di meno, come dicono gli inglesi.
Bah!

Chichimeca - Aosta - 27/03/2004

Sabato sera, come ogni sabato sera, ho sentito il solito concerto del solito Centro Anita di Aosta, come al solito insieme ad un molto ristretto gruppo di "eletti" (che alla fine sono sempre i soliti, per giunta).
Suonavano i Chichimeca, che ho appreso poi essere sardi (potevano benissimo essere di Saint-Christophe, poi hanno cantato in catalano come ad Alghero, o almeno così ci hanno fatto credere).
Inizio Recensione Bignami
Un rock (se si può definire tale) ricercato, una fisarmonica che stonava un po' nel contesto chitarresco, degli ottimi testi a tratti banali (un banale da patatine e vino, non da sole-amore, quindi ci potevano anche stare).
I cinque erano ben assortiti, con una voce femminile fuori dai canoni e molto "vascheggiante" nella presenza scenica che rendeva al meglio sui brani autoprodotti, un ottimo chitarrista, un buon bassista, un polistrumentista che si alternava tra chitarra classica e la già criticata fisarmonica e un batterista a tratti bonghista.
Alternando testi italiani molto curati e testi spagnoli rivoluzionari (potrei dire di più conoscendo lo spagnolo) e il già citato testo catalano, hanno presentato il loro lavoro Barbari (Chichimeca significa barbari in non so più quale lingua sudamericana) che merita veramente di essere ascoltato.
Fine Recensione Bignami
Inoltre hanno contribuito ancor più ad infittire il mio rapporto misterioso con la Sardegna e il suo mix di culture, lingue e tradizioni. Vivrò bene lo stesso, comunque.

venerdì 19 marzo 2004

Categoria #4: il VIP

Quiz
Domanda:
Di quale di questi reality show saresti il protagonista ideale?
A) Grande Fratello
B) Bisturi
C) La talpa
Risposta:
Nessuno dei tre... A) Non sono scemo, B) Non sono scemo, C) Non sono famoso
Riflessione:
Scemo e famoso saranno sinonimi?

venerdì 12 marzo 2004

Categoria #3: il critico

Come disse il mio amico Edgar Allan Poe, "la maggioranza giudica profondo solo colui che propone tesi in stridente contraddizione con le opinioni comuni". E per contraddistinguere il lavoro di un critico musicale non c'è modo migliore. Staccarsi dalla massa anche a costo di perdere il senno e anche a costo di non condividere ciò che si va dicendo. Per lasciare stupefatto, imbambolato e basito ogni lettore.
Il nome e la fama del critico gli danno la possibilità di stridere con l'opinione comune e non essere sbeffeggiato per le panzane sfornate. E anzi, ottenere consenso incredibilmente e senza una valida spiegazione logica.
Credo che Poe ne sapesse ben più di me, e ha sintetizzato meravigliosamente un concetto per il quale potrei star qui a scrivere per ore. Come dice Enzo Biagi, "spesso in una battuta c'è la sintesi di una situazione o di un carattere; e si può passare alla storia anche con una sola parola, o con una frase felice".

domenica 7 marzo 2004

Mi sapete spiegare...

... cos'hanno innovato quest'anno a Sanremo?

sabato 6 marzo 2004

Categoria #2: il fan

Quella del fan è una delle mie grandi incognite. Il fan, consciamente o inconsciamente, sospende il proprio giudizio per sottomettersi a quello di qualcun altro. Definizione che, nella teoria dell'Organizzazione Aziendale corrisponde a quella di autorità. Il fan si sottomette quindi ad un io più forte del suo, sentendosi sicuro e in un qualche modo protetto.
Così come un fumatore testardo non ammetterà mai la propria "dipendenza" dalla sigaretta, il fan non ammette di pendere dalle labbra del suo idolo.
Idiozia mescolata a incoerenza, mancanza di spirito critico frullata con una buona dose di pensieri superficiali rende il fan una delle categorie sociali tra le più spregevoli. Il fan inconscio è quello più patetico tra tutti. Segue il diktat del proprio idolo senza saperne il motivo, spinto da una forza nascosta sulle orme dell'eroe di turno. Si inchina pateticamente ad ogni opinione dell'ideale ispiratore, ogni parola pronunciata e ogni gesto attuato è manna per la fame di popolarità inversa che il sostenitore cova in silenzio.
(continua?)

giovedì 4 marzo 2004

Afterhours - Hai paura del buio? - 1997

«Chi parla male della musica italiana è ignorante».
In una sola frase si esprime bene un concetto che richiederebbe pagine e pagine di spiegazione. No, non mi dilungherò. Semplicemente è la verità, perché chi giudica la musica italiana guarda al Festival di Sanremo o alle hit dance di Dj osceni. Insomma, solo la scorza di un movimento vivo ma poco conosciuto.
Gli Afterhours, gruppo alternativo (che brutta parola, e cosa sarebbe non alternativo? tutto è alternativo a qualcos'altro... bah!) capeggiati da un genio che qualcuno ha voluto far nascere in Italia e non in paradisi musicali ben più sopravvalutati.
Forse gli Afterhours sono davvero alternativi, anche se non si sa bene a cosa. O perlomeno capeggiano, con la figura ormai mistica di Manuel Agnelli, un ambiente musicale di nicchia per le masse come il Tora Tora e "annessa" casa discografica Mescal di Nizza Monferrato (in realtà è il contrario, ma nella nostra narrazione cambia poco).
Il disco è allo stesso tempo semplice e complesso, velenoso e aulico. È realmente alternativo anche al suo interno, con sbalzi da brani tirati a canzoni calderone contenenti dialoghi e rumori.
C'è molto Dio, in questo disco, con i vari nomi con cui è conosciuto e con cui spesso scandisce i discorsi di chi con Dio ha uno strano rapporto.
A parte ciò, l'album è un susseguirsi di emozioni, come detto diversissime.
Hai paura del buio? è un'intro elettronicheggiante che introduce alla successiva 1.9.9.6. in cui Dio fa la propria apparizione per la prima volta cantato dalla voce graffiante e provocatrice di Agnelli. Dopo l'anno bisestile, un altro rocckettino dal testo tagliente in cui questa volta fa capolino l'antagonista di Dio: Male di miele ha, come nelle intenzioni, uno strano sapore all'ascolto. Rapace parte lenta e poi si getta a capofitto in un ritornello dal cantato trascinato molto Litfiba (degli anni d'oro, s'intende). La successiva Elymania, sincopata ma schitarrante, è una delle chicche del disco.
Pelle e Dea (ancora Dio, per la cronaca...) sono le perle del disco, mentre Senza finestra è molto sperimentale e "sembra quando ero bambino" entra in testa e non abbandona più l'ascoltatore in un crescendo di distorsioni.
Simbiosi è un medley di suadente voce e dialoghi psico-campionati.
Voglio una pelle splendida è spettacolare, ancora Dio è in "bacia il colpevole se dice la verità" e in altri versi del testo ermeticamente dissacrante.
Terrorswing è uno strumentale urlato.
Lasciami leccare l'adrenalina è in parte adrenalina pura e in parte terrore da "mannaggia-mi-si-è-rotto-lo-stereo!!"
Per arrivare a 19 brani, tutti penseranno a qualche riempitivo. E in effetti, tra qualche pezzo riuscito meno degli altri, risalta Sui giovani d'oggi ci scatarro su, nel pieno spirito dell'album.

Tracklist:
01. Hai paura del buio?
02. 1.9.9.6.
03. Male di miele
04. Rapace
05. Elymania
06. Pelle
07. Dea
08. Senza finestra
09. Simbiosi
10. Voglio una pelle splendida
11. Terrorswing
12. Lasciami leccare l'adrenalina
13. Punto G
14. Veleno
15. Coem vorrei
16. Questo pazzo mondo di tasse
17. Musicista contabile
18. Sui giovani d'oggi ci scatarro su
19. Mi trovo nuovo

Visto che tutti parlano male di Sanremo... 2

... io vado controcorrente e ne parlo.

Simona Ventura: meno impostata di ieri, ma ancora lungi da poter essere chiamata conduttrice
Gene Gnocchi: in serata no, insofferente, vaga per palco e sala stampa e spaccherebbe tutto...
Paola Cortellesi: grandiosa
Maurizio Crozza: chi l'ha visto???
André: insignificante
Adriano Pappalardo: ah ah ah... non ho mai riso tanto...
Mario Rosini: inclassificabile
Massimo Modugno: classica canzone festivaliera
Omar Pedrini: anche se lontanissimo dai tempi Timoria, bel brano
Daniele Groff: ottimo brano, almeno si sente buona musica
Linda: Gran voce, testo banale
Piotta: gran testo, un po' troppo Eminem
Bungaro: bel brano ma noisissimo... Un Dalla-Concato

Renis e soci hanno puntato sulle canzoni scegliendo brani penosi, se ne salvano 4-5 che verranno dimenticati però in fretta. Aggiungo che Del Noce e Vespa erano soddisfatti per gli ascolti, anche se negli ultimi anni soltano Baudo l'anno scorso ha fatto peggio... Viva l'ottimismo.

mercoledì 3 marzo 2004

Visto che tutti parlano male di Sanremo...

... io vado controcorrente e ne parlo bene se non benissimo.

Simona Ventura: tra urletti e ascellate, un abito di paillettes da 125.000 € che la rendeva "modello tubo di fogna", dà ritmo alla serata più che ad una festa di paese ma meno di Pippo Franco al Bagaglino.
Gene Gnocchi: Strappa sorrisi pur non rendendosi conto che il pubblico di Sanremo non è quello della domenica pomeriggio
Paola Cortellesi: Grandiosa, la migliore cantante del Festival insieme con Elton John, riesce soprattutto a far ridere di gusto soprattutto nel collegamento dalla "giuria popolare" anche se il ritmo blando dettato da Simona e dal pubblico dormiente permette di capire prima e rovinare ogni battuta.
Maurizio Crozza: Grande, e soprattutto grosso. Ha poco spazio però. Che contraddizione.
DJ Francesco: Ucciderò le ragazzine che canteranno la sua ignobile canzone.
Veruska: speriamo nella seconda donna per sentire una voce degna di un'ugola femminile...
Andrea Mingardi: originale l'idea, un po' meno la musica
Mario Venuti: me lo sono perso, ma credo si sarebbe salvato
Neffa: uno swing lento, classe e persino intonazione, alla faccia del fratello puntiglioso
Paolo Meneguzzi: Si autoplagia con una canzone dal testo banalissimo e dal ritmo dell'orrenda Vero-falso
DB Boulevard: Argh! Una statuina con loro al basso che costa alla RAI metà budget del Festival serviva proprio?
Stefano Picchi: forse si salva il testo, anche se affronta un buon argomento scadendo troppo spesso nel banale
Danny Losito: così come Wyman, le Las Ketchup che ci stanno a fare?
Marco Masini: un plagio all'ultimo Williams, Striscia si scatenerà
Morris Albert: Mietta fa qualcosa di buono, ma la canzone è la classica retrò stile Sanremo.

In conclusione, penso che negli ultimi anni abbia fatto peggio solo la Carrà. Rimpiangere Baudo è strano, ma è vero...

lunedì 1 marzo 2004

Categoria #1: il Professore di Diritto

Un Professore di Diritto lo si riconosce lontano un miglio. Non ha quel fascino che mischia snobismo e stile manageriale dell'insegnante di materie aziendali, non possiede quella capacità di essere sempre volutamente sconquassato del professore di materie economiche, e non ha nemmeno quella serietà pomposa del docente di materie matematiche.
Nella mia (triste a dirsi) quasi decennale esperienza scolastica con il Diritto in tutte le sue forme, ho spesso trovato sulla mia strada personaggi pelomeno caratteristici (per non dire di peggio, loro sanno bene come fare querela...).
I docenti di diritto mantengono un atteggiamento serio in ogni situazione. È terribile vederli scompisciarsi ridendo, lo fanno comunque con serietà finendo per rendersi ridicoli e buffi. Anche nel modo di vestire lo stereotipo viene rispettato: ostile ad ogni moda (fattore positivo) ma ostile allo stesso tempo ad ogni stile. Abbina con nonchalance occhiali anni 60, dolcevita e giacca militareggiante. Si combina in maniera che nemmeno il peggior stilista saprebbe fare di meglio. Colori che non fanno a pugni, si accoltellano addirittura tra loro. E i capelli, il più delle volte non sono da meno.
Lo stile della lezione è, non esiste termine più appropriato, palloso. Mentre un economista divaga molto distraendo ciclicamente l'aula e un matematico fa battute insulse sulla propria materia per renderla dolce anche a chi la odia, il giurista non ha il minimo pudore di ammettere che la propria materia, in quanto puramente nozionistica, non è sostenibile per ore e ore senza pause e certamente non diventa interessante per tutti. L'amore per il proprio insegnamento li porta a credere tutti esperti di dottrina e legislatori nati, credendo sadicamente che ognuno ami alla follia la loro materia e la affronti addirittura con il sorriso sulle labbra. Ovvio.