martedì 3 maggio 2005

Volti tristi: agricoltori, borghesi, vescovi

Francesco Nex - La storia

Tutti volti tristi: forse Francesco Nex vuole così rappresentare la chiusura in sé stesso del popolo valdostano. Un popolo che però l'artista ama, di cui si sente parte e che raffigura continuamente nelle proprie opere. Alla fine il popolo, la gente semplice, il popolino, esce sempre a testa alta da ogni sua opera. Dissacrando le rigidità e la pomposità della Chiesa attraverso dei vescovi divenuti icona del pittore, profanando il sacro e sacralizzando il profano, facendo scendere dai troni regnanti e figuranti, facendo tornare alla realtà la borghesia rampante ma vuota.
Fino all'altro giorno per me Nex era l'artista delle bottiglie di vino. I suoi quadri sono infatti ripresi dall'Institut Agricole Régional per farne etichette dei migliori vini valdostani, e la mia conoscenza, già scarsa per quanto riguarda i vini, non aumentava spostandosi nell'arte.
Nex è un'artista da mostra, non certo da catalogo. Grandi pannelli di seta con un'enormità di dettagli, con una tecnica e una scuola tutta sua. Nessuno schema, nessun preconcetto, l'importante è dipingere soggetti piacevoli e trasmettere un messaggio: che è quello della semplicità dei montanari e dei valdostani, nei secoli dominati da imperatori, principi, re, regine, duchi e conti vari, fino ai politici locali, che non valgono certo di più dell'agricoltore che batte la falce o che munge le mucche. Nex rimane ancora al Medioevo, ma con una modernità impressionante, soprattutto per un'ottantenne. Jam session di vescovi e "air mail" tra amanti, oltre ad una discesa in mountain bike di un vescovo e una suora, sono i tratti più avveniristici di una pittura piena di casate nobiliari, paramenti sacri, corvi e gatti.
Un particolarismo valdostano che non esiste più se non nelle montagne, perché la maggior parte della gente ha perso la genuinità e l'"igiene" del passato per vendersi al miglior offerente e perdere, checché ne dica, le radici.

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