Gare spettacolari, gare difficili, gare piatte da morire.
Lo spettacolo è assicurato comunque dal paesaggio e dalla tradizione, anche se a correrle fossero dei cicciottoni in mutande e canottiera su dei tricicli. La difficoltà è data dalle incognite, soprattutto nel primo caso, piuttosto che dal percorso. Il piattume è invece dato dalla forza e dal controllo reciproco dei grandi corridori, i soli che emozionano il pubblico grazie ad azioni decise e spettacolari, ma che si annullano a vicenda.
Della Milano-Sanremo si è disquisito fino alla nausea. I puristi sostengono che cambiare il percorso sarebbe un'eresia, che si toglierebbe il fascino misterioso di non sapere chi vince fino a 10 centimetri dall'arrivo. Altri, assonnati ormai da anni di arrivi soporiferi fino all'accensione della miccia negli ultimissimi metri, si lamentano per la noia mortale di quella che era fino a poco tempo fa la gara in linea regina del calendario.
Il Fiandre invece è tradizionalmente corsa ostica... ma non ha rispettato le attese quest'anno. Così da dare vita ad un'accoppiata micidiale con la precedente gara di Coppa del Mondo. Fino al Muro di Grammont era in preventivo la solita scampagnata del gruppo all'inseguimento di qualche fuggitivo con poche speranze. E dopo il Muur la gara era già decisa, senza che si capisse bene cosa fosse successo, tantè che il forte tedesco Wesemann si è trovato davanti con qualche secondo di vantaggio, incrementato in discesa grazie all'apporto di due belgi: uno, reduce della fuga, con ben poche energie, Hoste e l'altro, unico in tutta la giornata ad aver proposto un'azione degna di questo nome, Bruylandts.
Sta di fatto che lo spettacolo degli anni passati ce lo siamo sognati. Speriamo nel pavé di Roubaix.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento