Brio, garbo, ironia. Gorbaciov trattato come Paolo Rossi o Accorsi, Jaruzelski sullo stesso piano di Briatore o Maggiani.
Intervista, per Dio. Intervista. Una cosa sempre più rara che nella televisione unica fanno solo in pochi e pure male. E soprattutto qui, dopo un'intervista non ci si lancia in danze elettorali scatenate o in risottate storiche da varietà. Sto parlando della trasmissione televisiva dell'anno (o degli anni, da quando c'è è "er mejo" sbaragliando i concorrenti), ovvero Che tempo che fa, di Fabio Fazio.
Ebbene, nella rivoluzione arancione di inizio millennio (quelle compiute di Conto Arancio e di Yuschenko in Ucraina, quelle incompiute nella telefonia di Wind e in Valle d'Aosta di Louvin) una trasmissione metereologica con bordi color Olanda è rimasta come unico specchio dei tempi riuscendo a far riflettere, per due ore a settimana spalmate su tre giorni, sul mondo, sulle persone, sulla storia e sull'attualità. L'intervistatore riesce inusualmente a far conoscere, in 20 minuti scarsi, l'interlocutore. E non a farlo conoscere per ciò che ha fatto o per ciò che farà, ma per ciò che è: traspare la personalità, cosa sempre più rara nella civiltà attuale, traspare il carattere. Fazio ci ha stupito, passando da imitatore a calciofilo pentito a miliardario censurato a nuvoletta del meteo a giornalista non ortodosso, pur non dimenticando di essere imitatore e doriano, genovese e milionario (intanto è cambiata la valuta).
Poi c'è Maurizio Milani, che non è bello da vedere ma parla di Moira Orfei e del Lambro e della segretaria della Rai. Lo zampino di quel matto di Galeotti (Fazio riuscirà a riportarlo in video come ai vecchi tempi?) e Michele Serra fa il resto. 9++
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